FLAVIO BREGOLI: LA FORMA DEL CONTENUTO

Dare forma al pensiero, renderlo tangibile con la materia e mediatico attraverso segni, colori, volumi è uno degli obiettivi più ambiti dagli artisti contemporanei. I quali, però, per essere tali, ossia artisti, devono certamente possedere una fondamentale perizia tecnica, ma devono anche conoscere il percorso dell'arte  nella storia e il senso dell'estetica  nell'opera  creata. Processo complesso che pretende di unire entità diverse fra loro, spesso in antitesi come, appunto, astrazione e concretezza,  emozione e raziocinio. Il risultato finale è una sorta di alchimia, che nel fare di Flavio Bregoli sembra aver raggiunto l'equilibrio  necessario a dare struttura e anima alle sue sculture, ovvero pensiero e materia uniti nella forma plastica.

I lavori dell'artista mantovano di questi ultimi anni si possono connotare in tre filoni, paralleli e non cronologici,  che per forma e contenuto (o forma del contenuto) assumono identità e pregnanza diversi.

Per esemplificare una simile osservazione, consideriamo un gruppo di opere e immaginiamo di costruire un'immagine dando loro una collocazione spaziale. Poniamo "Il pensiero"  (2010) al centro, come ago di una bilancia. Da un lato collochiamo in ordine prima "Metamorfosi"  (2009), poi “Il veliero" (2008), "La violenza" e "Dolce metà" (entrambe del 2011). Al lato opposto, collochiamo prima "Emozioni" (2010), poi "La modella" e "Il figurino"  (entrambe de12007), "Evasione"  (2009), "Equilibrio" (2012). In questo modo si evidenzia immediatamente la diversità delta struttura delle forme e dei volumi nei due lati speculari che si "specchiano" nell'opera centrale. Inoltre, tale unione, pensata con il criterio appena esposto di tre realtà espressive. permette una visione globale sulla creatività di Bregoli, sulla sua creatività, sul suo linguaggio, sul suo timbro.

Il pensiero è il fulcro, inteso come soggetto e come opera. È quanto consente, con l'ausilio e la complicità delle mani, di date corpo e identità a ciò che da esso fluisce. Dunque, la scultura che prende la forma della scatola cranica, contenitore del cervello a sua volta sede del pensiero, si presenta composta da materia magmatica, grumosa, con superficie rugosa, selenica, ma, al contrario del suo contenitore  fisico reale, il cervello appunto, non ha un ordine cellulare e strutturale prestabilito; è ancora sotto forma di caos. Essa, la scultura, sottintende la ricchezza di tutto quanto si sviluppa nelle altre opere e ne contiene significati e significanti.  Successivamente il pensiero si anima e si concretizza, da un lato privilegiando  le emozioni e dall'altra  seguendo un elevamento più razionalmente  spirituale.

Si avvia così la Metamorfosi, simboleggiata da una foglia quasi antropomorfa o sirenide che cade in piedi poiché la materia all'estremità inferiore è più pesante, mentre nella parte superiore avviene il mutamento,  la trasformazione  che la rende leggera e aerea come un pensiero e cade senza fare rumore. Proseguendo,  le emozioni si rafforzano, assumono potenza e la materia si ispessisce, come nella vela ferita del Veliero che, per questa lacerazione, perde la capacità di traghettare  un'imbarcazione  proporzionalmente  a essa molto ridotta. Ma nel contempo, lo squarcio apre un varco sull'oltre.  Oppure ne La violenza, dove il torso femminile  in orizzontale diventa paesaggio deturpato, violentato, morfologicamente  irriconoscibile. O, ancora, in Dolce metà dove il morso inferto alla mezza mela inerme è un tatuaggio indelebile, un'azione  che ha mutilato una forma oppure ha implicitamente  azionato un meccanismo evolutivo di interconnessione  con l'altro.  Anche in questo caso si verifica la visione di una sorta di paesaggio, questa volta più calmo e in  attesa di eventi.

E la materia, nelle opere sul lato opposto, è scavata, perde intensità, si conforma in immagini minimali, persino elementari come in Emozioni in cui chiude su se stessa e forma un cuore palpitante  le cui due parti vengono offerte in una contrapposizione  di due entità diverse, vale a dire le emozioni  buone che tentano di elevarsi e sono trattenute dalle emozioni cattive che trascinano a terra; negativo e positivo tra loro uniti indissolubilmente  per una complementarietà necessaria. Poi, questa materia scarnificata,  sintetizzata, si scioglie in uno sviluppo verticale che dalla giacomettiana  Modella diventa un totemico Figurino o un menhìr in Evasione. Sono opere nelle quali l'equilibrio  perfetto deriva anche dal baricentro esattamente perpendicolare  al piano orizzontale.

Tuttavia, anche l'opera  Equilibrio mantiene una regolare stabilità, malgrado essa sia minacciata proprio da se stessa, dalla propria configurazione fisica, dalla composizione  ottenuta con la sovrapposizione  verticale di sfere, da più grandi alla base a via via sempre più piccole verso l'alto  su un asse oscillante. Ed è proprio in questa brancusiana "colonna  senza fine", che si slancia verso l'alto,  perfora l'atmosfera,  sparisce dalla visuale fisica e prosegue all'infinito nonostante le provocazioni,  che si può cogliere il succo del lavoro di Bregoli; è qui che il pensiero racchiude la sua potenza, la sua forza e la fragilità, la sua precarietà e la volontà, la sua linearità, mentre la forma assunta, munita anche di una punta perforante, è fatta di superfici lisce, lucide, specchianti,  tonde, precisamente  sferiche, evocazione della perfezione a cui mira, sono nello stesso tempo un'affermazione  e un auspicio.

 

 

Giovanna Barbero